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Garrett Brown, la fluidità del genio. Conversazione con l’inventore della steadicam

Garrett Brown (Long Branch-New Jersey, 6 aprile 1942) è un inventore americano, noto come creatore della STEADICAM®. L'invenzione di Brown consente agli operatori di filmare mentre camminano senza il tremolio e le sollecitazioni di una telecamera portatile. La STEADICAM® è stata utilizzata per la prima volta nel film di Hal Ashby Questa terra è la mia terra (1976) e da allora utilizzata, tra i tanti, in film come Rocky (1976), celebri le sequenze di corsa e allenamento, e Shining (1980) di Stanley Kubrick. Brown ha anche inventato la skycam (per le partite di calcio), la divecam (che segue i subacquei olimpici) e la mobycam (fotocamera subacquea che segue i nuotatori olimpici). Ha ricevuto tre Academy Awards: Academy Award of Merit (1978), Technical Achievement Award (1999) e Scientific and Engineering Award (2006).

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Garrett Brown e la sua STEADICAM®

Come sei entrato nell’industria cinematografica?

La mia carriera di cantante folk terminò con un incidente stradale (e l'arrivo dei Beatles!) e realizzai allora di non possedere titoli o competenze per ambire a farmi assumere. Così mi ritrovai nella pubblicità e finì che misi su una piccola società cinematografica a Philadelphia.

Come sei riuscito a inventare la STEADICAM® e a rivoluzionare la storia del cinema?

Credo che la STEADICAM® sia stata un’autentica rivoluzione, ma il mio intento iniziale era solo quello di trovare il modo di camminare e correre senza far traballare la macchina da presa. Un dilemma che richiese due anni per trovare una soluzione. Dopodiché abbiamo realizzato quello che è diventato un famoso film dimostrativo in 35 mm, visto in tutto il mondo, con dozzine di riprese “impossibili”: nessuno aveva la minima idea di come fossero state realizzate.

Il primo video dimostrativo sull’uso della STEADICAM® (1974)

Questa terra è la mia terra (1976) diretto da Hal Ashby è la prima produzione in cui l’hai sperimentata: come sei stato scelto per lavorare a questo film e che modello di STEADICAM® hai usato?

Usai una copia del mio prototipo realizzata dalla Cinema Products Corp., di cui detenevo la licenza. Mi presentarono il grande cinematographer Haskell Wexler e fu lui a convincere Ashby a provarla con un audacissimo ‒ oggi comune ‒ braccio “dolly”, dal quale la STEADICAM® poteva continuare le riprese una volta a terra. Ero terrorizzato dal trovarmi sospeso a una decina di metri su un braccio titanico, ma una birra a pranzo mi calmò e due giorni più tardi, alla proiezione giornalieri, a Stockton in California, la ripresa ottenne una standing ovation. Un momento irripetibile.

La STEADICAM®è stata usata anche per la famosa scena di Rocky, con Stallone che sale la gradinata. Cosa ricordi di quella famosissima sequenza?

Rocky inizialmente venne realizzato come un filmetto di second’ordine (appena un camper!) ma facemmo delle riprese incredibili in tutta Philadelphia e il produttore decise di investire più denaro e trasferire la produzione a Los Angeles… il resto è storia. Ricordo di aver avuto la pelle d'oca quando lessi la recensione di Arthur Knight! Dopo le prime proiezioni le persone facevano la fila per vederlo e poi arrivarono gli Oscar come migliore regia e miglior film. Un'ascesa incredibile!

Garrett Brown e Silvester Stallone sul set di Rocky (1976)

Nello stesso periodo, oltre a Questa terra è la mia terra e Rocky, lavori anche a L'esorcista II - L'eretico e Il maratoneta: un inizio di carriera folgorante...

Sì, era davvero sorprendente per i miei 33 anni!

Come è stato all’inizio il tuo rapporto con i registi? Come reagivano alla tua invenzione? 

All’inizio la STEADICAM® fu adottata da spiriti audaci… i più timidi aspettarono un po’. Haskell Wexler, John G. Avildsen, Conrad Hall, seppero immediatamente come usarla, e mettere al lavoro questo nuovo strumento per loro fu pura gioia. 

Uno dei film in cui l’uso della STEADICAM® raggiunge le vette più alte è Shining di Stanley Kubrick: impossibile dimenticare i lunghi piani sequenza che seguono Danny in triciclo nei corridoi dell’Overlook Hotel o la sua disperata fuga nella neve inseguito da un folle Jack Torrance all’interno del labirinto di siepi. Come è stato lavorare a quelle magnifiche sequenze, al fianco di un genio come Stanley Kubrick? Quanta libertà hai avuto con Kubrick? 

Stanley capì immediatamente cosa voleva dalla STEADICAM®. I pavimenti dei suoi vasti set erano troppo accidentati per i carrelli convenzionali. Tentò perfino di utilizzare le sospensioni di un telaio di una Citroën 2 cavalli come camera car, ma, quando arrivai a Borehamwood, fu subito evidente che le inquadrature sovrannaturalmente fluide che aveva in mente si potevano ottenere. Stanley progettava ogni immagine nello stesso modo in cui un coreografo costruisce una danza. Ma i dettagli, la precisione, l'esatta progressione delle immagini, spettavano a me. È stato il mio esame di laurea. Anche 50 take di una determinata ripresa non sono onerosi quando hai una riproduzione a monitor di 4 minuti e, tra una ripresa e l’altra, tre minuti di discussione sulla posizione del "mirino".

Shining, Stanley Kubrick (1980)

Cosa ricordi del tuo lavoro nel film Il ritorno dello Jedi (noto anche come Star Wars: Episode VI - Return of the Jedi) diretto da Richard Marquand, famoso per l’inseguimento mozzafiato sugli speeder volanti tra gli alberi del pianeta degli Ewok?

Spielberg aveva tre possibilità per girare i fondali di quelle inquadrature: 1. costruire un modello gigante di una foresta di sequoie e girare con una cinepresa montata su una testata remotata; 2. posizionare migliaia di metri di binario in mezzo alle sequoie per montare il dolly e coprirlo con le foglie da spazzare poi via proprio davanti la cinepresa; 3. provare a girare con la STEADICAM® girando a 75 fotogrammi al secondo, camminando precisamente per mille piedi attraverso la foresta con il grande Dennis Muren e controllando che l’asse di rotazione rimanesse sempre in bolla. Abbiamo verificato la mia proposta nel bosco di sequoie e concluso che poteva funzionare (e avrebbe fatto risparmiare un sacco di dollari!). Naturalmente fu emozionante vedere le inquadrature finali con i loro splendidi speeder inseriti graficamente.

Hai lavorato in Reds, Bulworth - Il senatore, Anna e le sue sorelle e Wolf - La belva è fuori, con i cinematographers italiani Vittorio Storaro, Carlo Di Palma e Giuseppe Rotunno: cosa ricordi di loro?

Vittorio è diventato un grande amico e il mio cinematographer preferito: luci meravigliose ed entusiasmo incredibile. Warren avrebbe potuto dirgli: «Vittorio, perdonami, voglio riprendere il controcampo» e Vittorio avrebbe potuto dirmi «Guarda questo!... Adoro illuminare!» e poi avrebbe spento allegramente le luci e avrebbe ricominciato da capo! 

Tuo figlio Jonathan è un cinematographer e regista: insieme avete lavorato come operatori STEADICAM® in Bulworth - Il senatore, diretto e interpretato da Warren Beatty. Sei stato tu a indirizzarlo a seguire il tuo lavoro? 

Ho insegnato a Jonathan a usare la STEADICAM® ma presto ha spiccato il volo ed è diventato un superbo regista e cinematographer… Personalmente non sono mai andato oltre all'essere un operatore e non ho mai esercitato queste due professioni. La sua carriera è davvero sorprendente.

Hai vinto ben tre Academy Awards: Academy Award of Merit (1978), Technical Achievement Award (1999) and Scientific and Engineering Award (2006). Oltre alla STEADICAM® hai inventato anche le mobycam, skycam, divecam, wimcam e flycam. Cosa puoi dirci di questo tuo particolare talento di inventore?

Quando arrivammo negli Stati Uniti e i clienti chiedevano la mia professione, ero solito rispondere “cameraman", ma più tardi ho realizzato che “inventore” era per me una definizione migliore. Ho preso l'abitudine di chiedermi se manchi qualcosa di grandioso in ogni posto e questo è diventato il mio lavoro preferito, persino più del cantante folk.

Garrett Brown e Vittorio Storaro

Tra tutti i film a cui hai preso parte, quale sequenza ti ha soddisfatto maggiormente?

Il mio lavoro preferito in assoluto è stato La Traviata à Paris 2000 che fu ripresa dal vivo ma in stile film da Storaro, diretta da Zubin Mehta, con prove che durarono mesi e una ripresa finale che impiegò tutto un giorno. Lavorai all’ultimo atto ‒ 23 minuti privi di tagli ‒ in un minuscolo appartamento con Violetta e Alfredo: la scena della morte straziante di lei. Un’esperienza indimenticabile.

La Traviata Paris 2000, terzo atto, Eteri Gvazava (Violetta) Jose Cura (Alfredo)

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